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Carissimi confratelli,
carissimi membri della Famiglia Salesiana,
carissimi membri delle CEP
carissimi giovani,

vi raggiungo in questa terza domenica di Quaresima, una delle domeniche che la Chiesa ci dona per prepararci bene alla Pasqua, ma anche una delle domeniche di questo periodo così particolare e assolutamente inedito di sofferenza e privazione.

Si tratta di un tempo di “quarantena”, che – una delle tante stranezze di questa epidemia – è capitato nel tempo di Quaresima. Chissà quante volte avrete pensato in questi drammatici giorni a questa coincidenza. Un tempo di prova “volontaria” che diventa un tempo di prova “subìta”. Costretti a cambiare le nostre abitudini, costretti in casa, a vedere medici e infermieri eroicamente (stavolta non è esagerazione) impegnati a  curare i malati e ad evitare che il sistema sanitario arrivi a non poter curare più tutti. Vediamo queste cose da impotenti, consapevoli di poter soltanto contribuire attraverso i comportamenti responsabili e il rispetto delle indicazioni che via via ci vengono date. Da “onesti cittadini” ci adeguiamo alle norme e da educatori insegniamo ai giovani a fare altrettanto.
Si tratta di un tempo in cui anche le nostre comunità di fedeli sono state colpite in ciò che hanno di più prezioso: l’Eucarestia. Non la possiamo celebrare con i fedeli e addirittura molte chiese sono chiuse o semichiuse. È un tempo in cui soffriamo per questo. Ci auguravamo che la Pasqua fosse il momento non solo della liberazione dalla morte e dal peccato, ma anche della liberazione dall’epidemia. Probabilmente non sarà così e il Santo Padre ha già detto che la Pasqua sarà a porte chiuse. Per la prima volta. Questa situazione ci sta obbligando ad accettare
una serie di “prima volta”.

Il vangelo di oggi, quello della Samaritana, ci parla di una donna che esce a prendere acqua quando in giro non c’è nessuno, proprio come il deserto delle strade in questi giorni. Ci parla di un Gesù che è presente in quel deserto e si dice assetato. La Samaritana si mette a parlare con
Gesù e arriva a capire che in realtà quella che ha sete è lei, è lei che ha sete di Lui, che ha sete di Dio. L’astinenza forzata di questi giorni forse fa un po’ a tutti l’effetto vero di ogni digiuno: fa cogliere quanto è importante quella cosa di cui si è privati. In genere noi seguiamo il digiuno
dalle cose materiali per ritrovare il gusto di quelle spirituali; adesso siamo costretti al digiuno anche dalle cose che più immediatamente stabiliscono un contatto con il Signore (come appunto l’Eucarestia, ma anche solo una preghiera insieme in Chiesa) e forse questo ci aiuta a
comprenderne ancora di più il valore. Meditare sulla Samaritana in questa situazione dovrebbe mostrarci ancora di più quanta fame e sete abbiamo di Dio. Meditare su quello che sta capitando nel mondo ci fa scoprire improvvisamente fragili; non è la prima volta dirà qualcuno, eppure non si impara mai abbastanza. Forse ciò che ci rende tutto più difficile è proprio la mancanza di “qualcuno” con cui prendersela. Eppure forse in queste circostanze abbiamo la possibilità di ricordare di essere creature, bisognose del Creatore.

Noi sacerdoti e religiosi abbiamo la grazia di poter continuare a celebrare l’Eucarestia, di poter stare fisicamente vicino al Signore. Questo privilegio che abbiamo sia a vantaggio di tutti! L’offerta della nostra Messa sia ancor più universale e – mentre sono impediti gli abbracci fisici
– abbracci i giovani, i confratelli, tutti quelli che sono nella sofferenza. Insegniamo alle persone a noi affidate a fare la Comunione spirituale se non è possibile quella sacramentale, insegniamo la preghiera, insegniamo a leggere la Parola di Dio, impariamo ad essere vicini alle persone
anche a distanza.

Inoltre quando sentiamo la mancanza dell’Eucarestia ci accorgiamo che non si tratta solo di una mancanza personale: ci manca la comunità con cui la celebriamo, ci mancano le persone. La vita e la fede non sono solo qualcosa di personale, ma sono esperienze di comunità. Anche
quando è faticoso. Cari confratelli, cari animatori pastorali, vi ringrazio per gli sforzi che state facendo per essere vicini alla gente in tutte le maniere possibili. Come accade sempre, ancora più in occasioni come queste sono i più deboli a pagare il prezzo più alto: suona beffardo
chiedere di stare in casa a chi non ha una casa; suona poco umano chiudere la possibilità ai volontari di visitare i carcerati o di svolgere alcuni servizi di cura; sono forme di precauzione, lo sappiamo, eppure portano svantaggi soprattutto a chi ne ha già tanti. Nel nostro caso penso
soprattutto ai ragazzi delle nostre comunità di accoglienza, penso ai ragazzi più poveri che non hanno più i riferimenti sani dei nostri ambienti in cui passare le giornate. Perciò, come incoraggiano anche il Papa e i Vescovi, anche io vi incoraggio (specie i più giovani) a rendervi disponibili, prendendo tutte le precauzioni del caso, per aiutare chi non può muoversi da casa, chi è solo ed ha bisogno di un aiuto o un conforto spirituale e materiale. Molti in questi giorni ricordano l’episodio dell’invio dei giovani fatto da don Bosco per aiutare nella epidemia di colera. Senza fare facili sovrapposizioni, dobbiamo però avere la fede e il coraggio creativo di don Bosco.
Avete attivato la didattica a distanza nelle nostre scuole e nei CFP, state trovando il modo di vivere delle forme di oratorio-centro giovanile virtuali, state già realizzando tante iniziative bellissime, come pure vengono prodotti dei materiali pastorali molto utili: condividiamoli!
Non si tratta di farsi pubblicità, ma di far circolare il bene che si fa e rendere anche questo “contagioso”. La tecnologia ci dà poi la possibilità di essere vicini attraverso le forme che il mondo digitale mette a disposizione. Tante volte ce la prendiamo col mondo cosiddetto “virtuale” come qualcosa di assolutamente negativo, ma credo che in questi giorni stiamo sperimentando tutti quanto il mondo virtuale possa essere una occasione per contatti veri e per superare le distanze fisiche cui siamo costretti. Anche in questo caso vi ringrazio per tutto ciò che state mettendo in campo. Mai come questa volta siamo chiamati a usare i social come strumento educativo – e mai come polemica (che ha già tanti seguaci) – uno strumento che porti la bellezza del Signore e la bellezza della vicinanza umana a tutti, specialmente ai giovani.
La Congregazione ha appena concluso il suo Capitolo Generale XXVIII, che ha confermato il Rettor Maggiore don Angel Fernandez Artime, per un secondo sessennio ed ha rinnovato in larga parte il Consiglio Generale. Spagnolo è anche il nostro nuovo Consigliere Regionale, don
Juan Carlos Perez Godoy. Tuttavia, come sapete, a causa del propagarsi dell’epidemia la riflessione sul tema per il quale il Capitolo si era radunato – “Quali salesiani per i giovani di oggi” – è stata interrotta a metà e non ci sarà un documento capitolare. Anche questa ovviamente è una “prima volta”.

Il Capitolo è stata una esperienza bella per la fraternità, per lo spirito, per i luoghi salesiani in cui si è svolta; un’esperienza che ha visto per alcuni giorni la presenza preziosa di una rappresentanza di giovani di tutto il mondo. Purtroppo l’interruzione non ha consentito la partecipazione della rappresentanza dei laici che dovevano aiutarci proprio nella riflessione del tema salesiani e laici.
Abbiamo sentito forte la presenza protettrice di Maria Ausiliatrice e di don Bosco. Abbiamo respirato che la Congregazione è – grazie a Dio – sempre più internazionale e la gioia che il carisma di don Bosco è vivo e presente in tutto il mondo!
Per il principio che “tutto concorre al bene per quelli che amano Dio” (Rm 8,28) chissà che l’emergenza drammatica che stiamo vivendo in tutto il mondo – come sempre accade quando siamo sfidati e scomodati – non contribuisca in qualche modo a dare uno stimolo concreto per
il salesiano del mondo di oggi: un salesiano che sta con la sua comunità in mezzo ai giovani, specie i poveri, e a questo si ingegna nella fede con tutte le sue forze e con coraggio.

Concludo con due inviti. Quest’anno non abbiamo dato nessuna indicazione per la destinazione della penitenza quaresimale. Potremmo pensare che già siamo abbondantemente in penitenza, tuttavia credo sia bello compiere qualche gesto di solidarietà che destineremo poi a chi – passata la crisi – ne avrà più bisogno. Quando tutto questo sarà passato – e davvero non sappiamo quando – saranno tante le macerie di sofferenze e povertà che si lascerà dietro. Oggi abbiamo cominciato una novena straordinaria a Maria Ausiliatrice. Chiediamo alla
Madonna di don Bosco la grazia della guarigione dei malati, del sostegno per gli operatori sanitari e per chi è impegnato in prima linea a fronteggiare l’emergenza; chiediamo la fine della pandemia. Vi invito ad unirvi a questa iniziativa di preghiera nei modi che ormai state
imparando a fare insieme anche se distanti.

Carissimi tutti, oggi vi ho scritto perché – senza fare indegni paragoni! – come don Bosco nella Lettera del 1884 da Roma anche io sentivo la vostra mancanza e pensando che non so prevedere se e quando mi sarà possibile riprendere le visite ispettoriali o comunque venirvi a trovare,
avevo desiderio di raggiungervi almeno con un pensiero. Andiamo verso la Pasqua comunque con gioia, sia che possiamo celebrare insieme sia che continui la “ritirata”; andiamo verso la Pasqua con gioia perché comunque siamo incamminati verso la gioia della Pasqua eterna e nemmeno un capello del nostro capo andrà perduto (Lc 21,18).

Il Signore e Maria Ausiliatrice ci e vi proteggano sempre. In don Bosco, un abbraccio non virtuale, ma in comunione…

Don Stefano, sdb