Attualità di don Bosco

News   -   24 gen 2012
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Don Bosco non ha inventato nulla: l’oratorio, le scuole professionali, il sistema educativo, tutto veniva da lontano. Non ha portato nulla di inedito dalle sue colline piemontesi; ha lavorato coi materiali che erano nelle mani di tutti e da questo cantiere ordinario è nata una grande realtà.E ciò perché Don Bosco ha avuto un grande spirito di inventiva e ha saputo leggere i segni dei tempi.

Cosa ha capito D. Bosco? Dove si dirigeva e si sarebbe diretta la società di domani. E quindi la scelta dei giovani è già una scelta profetica. I giovani sono gli adulti di domani, coloro che si preparano ai ruoli sociali, che saranno i protagonisti di una nuova società.

Questo è il materiale umano che Don Bosco sceglie. Però egli capisce l’importanza dei seguenti elementi:

1)      FORMAZIONE PROFESSIONALE: In una società industriale o pre-industriale il futuro si trova in una specializzazione tecnico-professionale. E don Bosco apre le scuole professionali (prima ancora quelle artigiane) prepara i suoi giovani il meglio possibile perché possano inserirsi nella società. Ma prima di fondare le scuole professionali, i laboratori, segue i suoi ragazzi. Allora grande importanza aveva l’APPRENDISTATO. Attraverso questo speciale rapporto di lavoro si qualificavano i giovani.

2)      SINDACATO: don Bosco è il primo vero sindacalista che vuole bene ai suoi giovani apprendisti, che li segue e non vuole che siano sfruttati, come purtroppo erano sfruttati i giovani che lavoravano nelle industrie, nelle miniere con 14-15 ore lavorative, mal retribuite.

Il padronato si serviva degli apprendisti assunti senza contratto per tirocini che talvolta duravano anni e a sottosalario. Don Bosco scrisse di suo pugno dei contratti di lavoro per apprendisti, il più famoso quello per il giovane Odasso:

a)      la durata dell’apprendistato è di due anni;

b)      il maestro si obbliga ad insegnare la sua arte al giovane, a seguirlo, aiutarlo ed istruirlo;

c)      il pagamento è considerato con successivi scatti (aumenti) di semestre in semestre.

In questo senso Don Bosco precede i sindacati. Sono norme di un’attualità sconcertante.

3)      COMUNICAZIONE SOCIALE: Don Bosco ha capito come pochi l’importanza della comunicazione sociale e di sapersi servire di tutti i mezzi messi a disposizione dalla tecnologia.

Don Bosco così diventa scrittore; egli scrive moltissimo, diffonde opuscoli culturali, religiosi, divulgativi e in questo modo raggiunge tante persone. L’intensa attività di scrittore nasce proprio da questo bisogno intimo di comunicare al di là dello stesso suo oratorio.

Dietro il Don Bosco scrittore di teatro e di storia, compositore di canti e di versi, fondatore di giornali e di editrici, c’è sempre l’uomo aperto e incantato di fronte al nuovo.

La più numerosa concentrazione di adolescenti d’Europa viene trasformata in un microcosmo comunicativo, dove teatro, scuola, musica, gioco sono un tutt’uno con quel che si vuole raggiungere: formare buoni cristiani e onesti cittadini.

Umberto Eco dice: “L’oratorio è una macchina perfetta in cui ogni canale di comunicazione, dal gioco alla musica, dal teatro alla stampa e via dicendo, è gestito in proprio e riutilizzato e discusso quando la comunicazione arriva da fuori. In tal senso il progetto di Don Bosco investe tutta la società dell’area industriale con vivace immaginazione sociologica, senso dei tempi, inventività organizzativa, e con una politica globale delle comunicazioni di massa…”.

Con le letture cattoliche, Don Bosco anticipò i tascabili (cm.8,5×14); alla fine del secolo ne erano stati diffuse 9.180.000.

4)      APOSTOLATO DEI LAICI: senza dubbio anche in questo campo Don Bosco ha anticipato il Concilio Vaticano II, che dice: “i fedeli dopo essere stati incorporati in Cristo col Battesimo… sono resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo… e per loro parte compiono nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano”.

E Don Bosco, con intuito profetico capì l’importanza e l’urgenza dell’apostolato dei laici.

E la sua congregazione volle che fosse formata oltre che da sacerdoti anche da laici consacrati, che potessero arrivare là dove non potevano arrivare i sacerdoti. E poi tutto il movimento dei Cooperatori ed exallievi come facenti parte della grande famiglia salesiana, impegnati nella vita cristiana e nell’apostolato.

5)      LA CATECHESI: arrivare ai giovani con tutti i mezzi. Don Bosco inizia a radunare piccoli gruppi di ragazzi abbandonati. Poi dà largo respiro alla catechesi con un’azione educativa e pastorale che tende a raggiungere tutti.

Don Bosco è catechista, animatore, maestro di pedagogia religiosa, scrittore. Il suo Giovane provveduto viene stampato in sei milioni di copie. Scrive la Storia Sacra, le vite dei Santi, ecc.

6)      LE MISSIONI: Don Bosco capisce quello che dice il Concilio Vaticano II: “La Chiesa per sua natura è missionaria”. E benché la sua Congregazione non nasce come missionaria, ha più di tremila missionari, di cui seicento in Africa. I suoi sogni si sono perfettamente realizzati.

7)      LA SPIRITUALITÀ :  don Bosco non prevede nelle sue Regole molte preghiere per i Salesiani, ma molto lavoro santificato. La spiritualità di don Bosco si può definire la “spiritualità del quotidiano”, uno stile originale di vita e di azione che ha il suo centro e la sua sintesi nella carità pastorale, caratterizzata da quel dinamismo giovanile che si rivelava cos’ forte in don Bosco: è uno slancio apostolico che fa cercare le anime e servire solo Dio “Da mihi animas coetera tolle”. Importante è l’unione con Dio con l’esigenza di pregare senza sosta in dialogo semplice e cordiale con il Signore. Il metodo preventivo stesso, prima di essere un metodo educativo è una spiritualità. Stare vicino al giovane, aiutarlo a crescere, accompagnarlo, sostenerlo nel bene; insomm fare dei giovani buni cristiani e onesti cittadini: